Volete conoscere un po’ di retroscena della raccolta del pistacchio?
Il 2021 è anno on, anno di raccolta e le piante cariche, sono pronte per essere spogliate dei loro frutti!
I brontesi aspettano questo momento da ben 730 giorni!
Ma cosa significa per un agricoltore fare la raccolta del pistacchio? E come si svolge una sua giornata tipo? Oggi siamo qui per farvi addentrare nelle sciare brontesi con una pagina di diario scritta di pugno direttamente da un raccoglitore.
Un mini trip tra le piante di pistacchio, attraverso gli occhi e i sensi di un bracciante:
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E finalmente è arrivato settembre, anche se a dirla tutta ci siamo trasferiti “o Locu” (in campagna), già da fine agosto.
Ore 5:00, il risveglio è un po’ duro, ma l’eccitazione di cominciare la raccolta è tanta e poi come si dice: “a matinata fa ‘a junnata” , la mattinata fa la giornata (chi si sveglia di buon mattino, ha la possibilità di sfruttare pienamente la giornata).
Preparo la caffettiera e nel frattempo mi lavo la faccia e mi vesto, ho lasciato già tutto pronto ai piedi del letto per non perdere troppo tempo. Sento già l’odore del caffè che riempie la stanza e mi affretto per andare a controllare che non si butti di fuori. La caffettiera è quella vecchia e la usiamo di rado, non è il massimo, ma quel sapore strano mi ricorda quando stavamo insieme con i nonni in campagna.
Si sono già fatte le 6:00 e decido di uscire a sorseggiare un’altra tazzina fuori. Fa freddino ancora, ed è tutto buio, l’estate comincia a svanire ed il paesaggio intorno sembra tutto un presepe. Le piccole “casotte” delle campagne in lontananza cominciano pian piano ad accendersi e qualche persona più anziana è già fuori che comincia ad organizzare sacchi, sacchine, tende e crocchi. L’odore del mallo dei pistacchi è forte, ed il pensiero subito va a quale “anto” prendere, anche se già lo so, perchè mio nonno iniziava sempre dallo stesso punto. La “zotta” (il fosso) lì, dove fa sempre un po’ più caldo ed i pistacchi maturano prima.
Intanto le prime luci dei fari delle macchine cominciano a mostrarsi, segno che tutta la “ciurma” degli operai sta arrivando, sono un gruppo ben assortito, non sono solo di Bronte ma anche dai paesi vicini.
Dopo due anni di attesa siamo tutti pronti, ci spostiamo nella “zotta”, sacchine al collo ma nessuno inizia a raccogliere. Qualche ragazzo nuovo si guarda in giro un po’ spaesato,sorridendo, perché lo sa che sta per succedere qualcosa, ma non ha mai visto niente di simile finchè con un colpo d’occhio, quasi fosse uno scherzo, tutti fanno il segno della croce e gridano a gran voce… A nnommi ri Ddiu! (in nome di Dio)
E’ iniziata! In pochi minuti, da tutte le parti si vedono spuntare operai che raccolgono, ma non solo, ci sono cugini, fratelli, nonni, una sorta di grande rimpatriata…
Il rumore dei pistacchi che cadono nelle sacchine comincia a sentirsi sempre più forte e dopo qualche minuto cominciano chiamare u “saccaru” (ragazzo che trasporta i sacchi pieni di pistacchio) per svuotare le sporte che pesano al collo. La mattinata procede velocemente tra chiacchiere e aneddoti da parte degli operai su cui pesano sulle loro spalle oltre 30 raccolte.
Il caldo comincia a farsi sentire e le mani sono già sporche e appiccicose di resina, qualcuno comincia a brontolare che ha già fame e così i primi ficodindia maturi sparsi qua e là diventano la prima colazione… “la vuoi sanghigna? (sanguigna) Bianca panittera?” Un concentrato di zucchero che per qualche secondo ti fa scordare la fatica.
Sono le 11:00, e tra un canto ed una bevuta d’acqua il capo ciurma controlla il lavoro: ….. ” ccampammuri i frastuchi….non ‘ndanu spini…a cocciu a cocciu si rinchiuni i panara! (raccogliamoli i pistacchi caduti a terra…non ne hanno spine…ad uno ad uno si riempiono i secchi)
Finalmente si è fatta ora di pranzo e tutti ci andiamo a sedere sotto l’agognata frescura dell’ulivo…ed ecco che nel giro di qualche minuto si comincia a sprigionare da ogni zaino prelibatezze di ogni tipo…
Si fanno le 16:00, e come se suonasse la ritirata della cavalleria tutti si affrettano a ritirare il prodotto raccolto e metterlo nei sacchi, si caricano sulle spalle e via verso le case, dove qualcun altro ha cominciato a “sgrullari i frastuchi” (smallare i pistacchi) e stenderli al sole.
Un ultimo saluto, due pistacchi in tasca da assaporare durante il rientro e ci diamo appuntamento all’indomani mattina sperando di arrivare un po’ più puntuali!
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